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martedì 23 febbraio 2010

Ferdinando Vigiani | Biografia

Sono Ferdinando Vigiani, nato a Borgo San Lorenzo (FI) il 15 febbraio 1951. Figlio unico, mio padre impiegato statale, mia madre casalinga, a 18 anni vado a vivere da solo a Firenze, in un vecchio appartamentino sui tetti vicino a piazza S. Spirito. Conseguo la maturità classica al liceo Michelangelo con 60/60mi, presentando una tesi su Leopardi. Partecipo alle lotte studentesche di quegli anni e faccio parte di un circolo denominato “La Comune” in cui convivono, per qualche anno, le varie anime della contestazione giovanile.

Non mi iscrivo ad alcun partito né gruppo politico, ma appartengo a quella parte di movimento libertaria ed anticonformista, venata d’anarchia, che viene presto emarginata, prima dalle componenti ispirate al marxismo – leninismo, al maoismo, al guevarismo, poi, definitivamente, dal partito comunista italiano. Frequento con buoni risultati il primo biennio della facoltà di Medicina, che, poi, abbandono di colpo, “stanco di studiare – dicevo a me stesso mentre preparavo Anatomia – un elenco del telefono a memoria e vedermi rapidamente sfuggire di mano la giovinezza.”

Per vivere mi adatto a varie occupazioni temporanee (revisore di bozze, messo notificatore, operatore addetto al servizio di medicina preventiva) finché, nel ’74, su posizioni quasi pan sindacaliste, aderisco alla CISL ed accetto l’offerta di lavorare in questa organizzazione sindacale.

Per 15 anni l’attività di sindacalista mi assorbe totalmente ed ho l’opportunità di conoscere bene, dall’interno, un mondo nuovo, la realtà delle imprese e della condizione operaia, molto diversa da quella astrattamente idealizzata nelle concitate assemblee del movimento studentesco. Seguo, da segretario responsabile, quasi tutte le categorie dell’industria e le zone industriali della provincia di Firenze ed opero, nell’arco di qualche anno, una profonda revisione ideale, culturale e politica, che rimette in discussione e modifica radicalmente i miei convincimenti ed i miei comportamenti. Così appoggio con determinazione la riforma della scala mobile e quella della contrattazione sostenuta anche dalla CISL.

Nel 1986 vengo selezionato – a livello nazionale – per partecipare ad un master in analisi d’impresa, gestito dalla SDA Bocconi, che, per un anno, mi impegna otto ore al giorno presso il Centro Studi di Fiesole. L’obiettivo del master è quello di formare specialisti per dar vita a piccole imprese autogestite. Nel 1987, allorché diviene operativa la legge n° 49 del 27 febbraio 1985, la cosiddetta legge Marcora, d’accordo con i colleghi del Sindacato, entro a far parte del consiglio di amministrazione della SOFICOOP.

una delle due società finanziarie abilitate alla gestione delle risorse in dote alla legge stessa per interventi a favore dell’occupazione. Da allora, fino ad oggi, ho sempre lavorato all’interno di questa società. Dal 1989 al 1992 come amministratore delegato, dal 1992 al 1996 come vice presidente, dal 1996 al 2006 come presidente. Coinvolto, nel gennaio 2006, in un’indagine della Procura di Bari con la gravissima accusa, fra l’altro, di collusione con la mafia, vengo assolto con formula piena nell’ottobre 2007. Per i reati minori ho scelto di patteggiare una pena minima (un anno ed 11 mesi), con pena sospesa e nessuna inibizione dai pubblici e, dal febbraio 2008, ho ripreso a lavorare per la stessa SOFICOOP come dipendente.

Ho difeso con forza, anche contro il parere di molti dei miei amici, la scelta del patteggiamento, convinto che, alla fine, avrei potuto essere assolto da ogni minima accusa, ma ancor più convinto che dieci anni di vita perduti, la salute rovinata, il lavoro compromesso, una famiglia a rotoli, non valevano tale magra soddisfazione morale.

Ho imparato, purtroppo, che oggi, in Italia, in qualche caso, è più giusto difendersi dal processo, che nel processo.
Da oltre vent’anni vivo a Roma, dove ho conosciuto mia moglie e i suoi figli, la mia famiglia di fatto che amo, dove mi piace passeggiare, dove ho incontrato personaggi di valore, colleghi, parlamentari, avvocati, medici ed altra gente di valore senza qualifiche particolari. Ho concluso da molti anni il mio personale processo di cambiamento interno, nella visione della vita, nella scala dei valori, nella priorità delle scelte.

Ho anche una tessera di partito: Forza Italia, ora PDL. Da un lato – per dirla con Pier Luigi Battista – sono un ex e non un post sessantottino, dall’altro ho ritrovato alcuni stimoli della mia prima giovinezza: l’ottimismo, una buona dose di anticonformismo, la centralità dell’individuo e della libertà, l’insofferenza verso chi pretende di essere depositario della verità e detentore di una presunta superiorità culturale, morale e politica, la ripugnanza degli ayatollah nostrani, riconoscibili dal fatto di non dover rispondere a nessuno dei loro errori.

Da qui proseguo il mio cammino verso l’ultima parte della vita. Con l’impressione di non essere solo a pensarla così, con la voglia di dare una mano per costruire una nuova idea di libertà, non più e non tanto ancorata solo all’economia di mercato, quanto agli individui, ai loro sogni ed alle loro emozioni.

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